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Nelle
scuole ed università italiane si insegna molto ma si forma poco. L’epidemia di nozionismo
che da tempo colpisce il nostro Paese sembra ormai inarrestabile. A lezione si
ingurgitano informazioni, a casa si memorizzano (rigorosamente solo fino al
giorno dell’interrogazione o dell’esame). Si assiste alla distribuzione automatica, a volte compulsiva, di compiti e di voti e si scambiano gli studenti per recipienti
da riempire a forza. La c.d. meritocrazia (categoria antievangelica tipica
della mentalità occidentale) si basa, tra l'altro, sulle capacità mnemoniche e non su quelle cognitive.
Parlare di tante cose senza approfondire nulla. Con tale
impostazione solo una piccola percentuale di ciò che si impara in quegli anni serve per il lavoro e soprattutto per la vita (nel senso di esistenza), eppure quasi
tutti stanno al gioco recitando supinamente il proprio ruolo: studenti e genitori compresi. Così il periodo dello studio
si ricorda solo per lo sforzo, la noia e l’inutilità. Anche per questo, preso
il pezzo di carta, nessuno apre più un libro in Italia. Ad oggi scuola e università
sono essenzialmente centri di addestramento funzionali all'inserimento dei giovani
nel Sistema. Ad esso infatti occorrono persone con scarsa conoscenza di sé e delle
logiche che governano il mondo, ed in definitiva con scarsa coscienza critica. Si continuano
a studiare la maieutica di Socrate e la pedagogia non repressiva ma non si applicano.