Davanti alla sofferenza noi vorremmo fuggire, Dio invece ci insegna ad essere solidali. Siamo immersi in una gigantesca opera di rimozione della sofferenza. Le logiche del mondo ci convincono che sia preferibile mettersi al riparo e non farsi coinvolgere. Comincia così il lento ed inesorabile processo di disumanizzazione che può travolgerci. Se non viviamo la solidarietà non conosceremo mai la bellezza che ci portiamo dentro, il bene di cui siamo capaci. È il bene praticato ad impedire la caduta nella disperazione del proprio nulla. Nell'atto di solidarietà, infatti, Dio si rende presente, "passa". È il modo che ha scelto per rivelarsi. Solo così lo sguardo su di noi e sugli altri può cambiare e diventare più benevolo. Non siamo solo assediati dal male e non ci sono solo minacce che incombono sulla nostra vita. Possiamo, quindi, uscire dal nostro fortino e distogliere lo sguardo dall'ombelico.
Testo di Gustavo Gutiérrez:
“Giobbe si interroga sulla situazione di altri, dei poveri, e sulla loro immeritata sofferenza. «Ma Dio non fa caso alla loro supplica?» (24,12) domanda Giobbe incisivamente. Approfondendo la questione Giobbe ricorda (senza menzionarle esplicitamente) le grandi esigenze dell’Alleanza: credere in Dio implica la solidarietà con il povero per alleviare le sue immeritate sofferenze, stabilendo ‘la giustizia e il diritto’. È un grande tema nella tradizione profetica di Israele. Gli tornano allora alla memoria le sue stesse azioni in questo senso. Attraverso di esse Giobbe ha saputo parlare di Dio. Ora che condivide nella sua stessa carne la sorte dei poveri, il discorso su Dio si farà più profondo ed autentico. In effetti l’impegno per il povero fornisce un terreno solido ed un linguaggio su Dio di carattere profetico. […] Questo linguaggio si radica storicamente nell’impegno per il povero, favorito da Dio. Su questa base Dio si rivela sotto aspetti che da altre angolature rimangono ignorati. […] Uscire da se stesso, aiutare altri che soffrono –senza aspettare di aver prima risolto i propri problemi- significa trovare un cammino verso Dio. Comprendere il perché della sua ingiusta situazione è per Giobbe un’esigenza bruciante, ma ora egli comincia a capire che essa non può costituire un ostacolo all’impegno immediato per il povero. Le necessità degli altri non possono essere rinviate a più tardi, al momento in cui tutto sarà chiaro".
(Gustavo Gutiérrez, Parlare di Dio a partire dalla sofferenza dell’innocente, Una riflessione sul libro di Giobbe, trad. T. Tosatti, Queriniana, Brescia, 1987², p. 110-111)