Lo Stadio della Roma a Tor di Valle
Oggi
penso agli operai, ai cassaintegrati e
agli iper-precari creati dall’1% e dai suoi servi che in questi giorni si sono messi
davanti al pc per scrivere su twitter: #famostostadio. Agire per senso di
solidarietà è sempre encomiabile anche quando va a vantaggio di milionari del
cemento (anzi della riqualificazione secondo la nuova dicitura) o del pallone.
Siamo sicuri che questo atto di generosità spingerà i suddetti milionari a
mobilitarsi affinché venga approvato, appena possibile, il reddito di
cittadinanza a favore di chi non eredita una società di costruzioni o non ha
più l’età per mettersi i calzoncini. Già li vedo compulsare lo smartphone per twittare sull’hashtag #famostoredditodicittadinanza,
rilasciare interviste e produrre video-inchieste sul degrado del mondo del
lavoro. Roma
ha due stadi: l’Olimpico e il Flaminio ma i milionari-riqualificatori quando
hanno visto lo stato di abbandono dell’area di Tor di Valle non hanno
resistito. È più forte di loro non sopportano l’incuria e si sono messi subito
all'opera. Sono dei missionari ambientali. E tra una stazione ferroviaria e
un’aiuola hanno pensato pure allo stadio. Come servizio. Altruismo e
liberalità eccessivi, davvero, tanto che l’Amministrazione comunale ha
saggiamente tagliato il 50% delle cubature e tre torri. Così per non
trovarsi in imbarazzo. Era sufficiente dire "non così", ma quelli di prima non ci avevano pensato.