I poveri non trovano consolazione.
Grava sulle loro spalle la sbarra del giudizio: una sentenza irriformabile. I
poveri non hanno una seconda possibilità. Il capitalismo può essere occasione o
ferocia: dipende dalla classe in cui ti trovi. E se stai in quella che gode
sfruttando devi augurarti di non cadere nell'altra. Sotto il regime capitalista
è ammesso, se proprio non ci si trattiene, solo il sentimento di pena verso il
povero. Un sentimento tra l’altro a buon mercato: con un paio di euro di solito
si torna a casa sentendosi una specie di missionario della
carità. Ma a nessuno venga in mente di aiutare il povero ad uscire fuori dalla
sua condizione. La solidarietà attiva è considerata una pratica illegale
addirittura eversiva se si prendono le difese del povero partecipando ad un movimento di rivendicazione. Il povero deve recitare il suo ruolo, possibilmente con sfumature folkloristiche, al semaforo o fuori le chiese ma non
deve permettersi di protestare. È un affronto che il regime non può sopportare.
In caso di trasgressione è pronta una di
quelle stanze con le sbarre. Pochi si avvicinano ai poveri in semplicità.
Fraternamente. Senza fare la morale o insegnare loro la vita. I poveri sono pieni di pacche sulle
spalle ed incontrano molti motivatori non richiesti e senza titoli. Eppure
Qualcuno ha promesso non solo di ascoltarli e di consolarli ma di affidare a loro
il suo Regno di pace. È un mistero che a noi non è dato comprendere né
percepire. Se tutto ciò sia vero lo scopriremo nel giorno che verrà. Se una
voce chiamerà i derelitti e questi si rialzeranno dalle macerie dell’opulenza per
passare davanti ai sapienti ai benpensanti ed ai vincitori di questo mondo allora
capiremo che quella è la voce del nostro Dio. Altrimenti avremo creduto e
sperato invano.
“I miseri e i poveri cercano acqua ma
non ce n’è,
la loro lingua è riarsa per la sete;
io, il Signore, li ascolterò;
io, Dio di Israele, non li
abbandonerò”
(Isaia 41,17)