Di solito commettiamo l’errore di
considerare profeti quelli che hanno un ruolo, un riconoscimento sociale e che
le strutture ci propongono come tali. Ma i “profeti” di sistema non sono
profeti in senso evangelico. Influenzano le convinzioni delle masse, ma di
certo non avvicinano a Dio. Stabilizzano a vantaggio degli oppressori,
impedendo la sovversione per il
riscatto degli oppressi. Non esiste, infatti, profezia conciliabile con il
mantenimento di situazioni escludenti, vessatorie, manipolative. La profezia,
al contrario, smaschera proprio il peccato che diventa struttura. È l’antitesi
del compromesso per la sopravvivenza e
crea necessariamente conflitto. Per questo la Chiesa viene riverita dal potere quando
accetta, in cambio di una reciproca legittimazione, di occuparsi solo di “cose”
spirituali chiudendo gli occhi sulle sopraffazioni. Gli interventi delle “gerarchie”
non contengono riferimenti diretti ai responsabili, tantomeno le omelie. E le critiche
generiche ai meccanismi economico-sociali servono a poco, gonfiano l’ego di chi le pronuncia ma non smuovono
le coscienze. Infatti sono assorbite e gestite serenamente dal potere. Fino a
quando sembrerà più normale ricevere in udienza governanti responsabili di scelte
inique invece che lavoratori sfruttati, precari e disoccupati, dovremo parlare
di una Chiesa che non testimonia adeguatamente la sua vocazione. Come
riconoscere quindi un profeta autentico? Dalla cultura? Assolutamente no, visto
che san Paolo scrive: “Dio ha scelto ciò
che nel mondo è stolto per confondere i sapienti”*. Dalla posizione
sociale? Assolutamente no, visto che dai Vangeli si può dedurre che gli
incontri di Gesù con la donna di origine siro-fenicia, con la samaritana, con l’adultera,
con la peccatrice, con il centurione, sono stati molto più significativi di
quelli con Caifa, scribi e farisei. Riconosciamo il profeta allora dal consenso
che lo circonda? Assolutamente no, visto che Gesù è morto praticamente da solo
e sicuramente senza la solidarietà delle folle. E allora? Innanzitutto si deve
comprendere che Dio sceglie liberamente e non usa i nostri parametri. Può
scegliere un analfabeta o un intellettuale, un audace o un timido, un eremita o
un missionario. Il segno distintivo è uno solo: l’ostracismo dei garanti dell’ingiustizia
sociale.
“Guardatevi
dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi
rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o
fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo
produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un
albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato
e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete”. (Vangelo di Matteo 7,15-20)