Se gli oppressi non hanno dove posare il capo, hanno però un luogo dove trovare
consolazione*. Il cuore di Dio è innanzitutto per loro. Gli altri dovranno
attendere prima di essere ammessi. Udranno parole uniche che Dio rivolgerà solo
a loro. Nessun altro potrà ascoltarle, neanche origliando. Riceveranno
spiegazioni, ogni interrogativo troverà risposta, e scopriranno che Dio non ha
dimenticato nulla della loro sofferenza. Ogni lacrima degli oppressi è stata
annotata con la mano di un ragioniere scrupoloso, mentre del bilancio dei
peccati sembra che se ne siano perse le tracce. È fatto così il nostro Dio:
diligente nel medicare ferite, negligente nell'assegnare colpe. D'altronde
sembra abitare più in un ambulatorio che in uno di quei lussuosi palazzi dove
si emettono sentenze civili o religiose. Ma sempre “umane”, nel senso di
terrene. Com'è diverso il senso della Giustizia nella sua logica: per Lui
significa riscattare l’infelicità di quest’esilio vissuto dai suoi figli al
buio ed esposti ad ogni genere di male. Se per l’uomo giustizia è punire per il
Signore è guarire. Attualmente però Dio è impegnato nella ricerca di persone
che si rendano disponibili ad anticipare il suo conforto agli ultimi, qui sulla
terra. Le selezioni sono molto difficili e vanno spesso deserte per gli
improrogabili impegni degli uomini: accumulare denaro, programmi televisivi,
partite di calcio**. È così che a Dio gli tocca vedere morire i suoi figli
prediletti nella solitudine. Questa assurda separazione, che ci fa rinviare le
dinamiche del Regno all'aldilà, produce molte vittime. Il rinvio è il lago in
cui sguazza il male. Non servono lamenti ed invocazioni se non ci convertiamo
dalla passività e ci continuiamo a dimenticare che non solo la terra ma anche i
nostri/e fratelli/sorelle ci sono stati affidati in custodia.
* “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Vangelo di Matteo 11,28)