L’uomo è immerso nelle tenebre, ma Dio
ci vede benissimo per questo può guidarci*. Conosce quell'oscurità che non ci
fa vedere dove mettiamo i piedi né dove stiamo andando. Sa che è necessario
soccorrerci perché nel buio si sperimenta la solitudine non potendo vedere chi
ci circonda. Ma se il buio impedisce la vista consente l’ascolto. Ecco perché desidera
l’incontro nella preghiera: per rassicurarci. Anche Gesù ha vissuto l’oscurità
della comprensione di sé, della vocazione, della fine terrena. Come noi non
aveva il libro delle risposte né una mappa precisa. Aveva delle Parole che però
dovevano incarnarsi in un’esperienza precisa, concretizzarsi e realizzarsi in
un modo che neanche Lui conosceva prima. Stiamo così parlando di un Dio che
diventa storia, non nel senso di passato ma di esperienza. La Parola è un
orientamento che diventa carne, cioè si compie, solo nella prassi. Gesù aveva
compreso di essere il Figlio di Dio (e che la sua missione consisteva nel
rivelarci la Misericordia di Dio) ma solo sul Golgota ha potuto dire che tutto era compiuto**. Dio che si
consegna al male degli uomini non per sadismo ma perché nessun male possa
prevalere, in modo definitivo, sull'uomo. Paga fino in fondo il prezzo della
contraddizione degli idoli (civili, religiosi, esistenziali) perché noi non fossimo
più ingannati. La croce ci dice che la sconfitta è un luogo abitato da Dio. Ci
libera così dalla schiavitù del potere e dell’affermazione personale. Dopo il
Golgota l'uomo può scoprire la sua dignità nell'esistenza stessa, non in quello che realizza
o dimostra. Dopo il Golgota l’uomo “religioso”
non si rivolge più a dei simboli ma a Qualcuno, trovando Dio non solo nel
tempio ma anche in tutti i sofferenti. Dopo il Golgota inizia la storia dell’uomo
risorto.
* "nemmeno le tenebre per te sono
oscure, e la notte è chiara come il giorno; per te le tenebre sono come luce”
(Salmo 139, 11)
** Vangelo di Giovanni 19,30