C’è da fare i complimenti a chi
gestisce il potere. Un premier, 18 ministri, 41 sottosegretari, 537
parlamentari riescono a mantenere in stato di catalessi: 3.000.000 di
disoccupati secondo i dati diffusi (circa 5.000.000 secondo i dati reali),
4.742.000 di poveri assoluti, 3.000.000 di precari e 11.000.000 di persone che
hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie per motivi
economici. Certo non fanno tutto da soli: si avvalgono della decisiva e
valorosa collaborazione degli apparati monopolizzatori della forza* secondo
necessità (ossia quando vedono qualcuno che in un attimo di lucidità prova a
protestare), del sottobosco burocratico che favorisce quelli che contano ed
ostacola i disperati che chiedono solo di sopravvivere e degli immancabili
narratori e menestrelli di regime. Si dice che le rivoluzioni le fanno i
giovani. Per questo si può serenamente far saltare un referendum sui voucher
con un semplice cambio di nome. Il problema era se si decideva il trasferimento
di un calciatore, l’annullamento di un concerto o il divieto della birretta
dopocena. Per fare uno sciopero si chiede ancora il permesso ad organizzazioni che
rappresentano ormai solo garantiti, si continua ad accettare la logica dei
lavoretti utilissima solo ai committenti, si riceve l’equivalente della
paghetta dei genitori o dei nonni e si qualifica, senza ironia, come retribuzione. Si sostituisce qualcuno per
ferie o infortunio e si ringrazia per l’immensa opportunità: provare l’ebbrezza
di una giornata senza l’invio di CV. Poi si ritorna alla non-vita delle eterne
selezioni, dei colloqui sulle motivazioni e sul prestigio del brand. Una Commedia trash all'italiana. È un
Paese da fermare perché sta camminando sui cadaveri. E da chi non ha scrupoli
non ci si può attendere concessioni. C’è una dignità da conquistare e i numeri
dicono che realisticamente è fattibile.
* Cfr G.U. Rescigno, Corso di Diritto Pubblico, Ed. Zanichelli