Quando ci poniamo a fianco degli
oppressi, nel cammino di liberazione, Dio si mette in testa*. Ma non è
propriamente una marcia trionfale. Sta lì per ripararci se possibile dai rischi
e per prendersi per primo gli insulti quando va bene, gli sputi quando va male.
Con la croce come vessillo ascolta i ragionamenti forbiti (pieni di citazioni)
dei “dissuasori”. I soliti “benpensanti”, denominati in altra epoca
anche scribi e farisei, che vorrebbero convincerci a non prestare servizio ai
poveri (o semplicemente a stare con loro) per giustificare il sonno
indifferente della loro coscienza. Il solo fatto della presenza, al di là della
semplicità dei gesti, è come il suono della sveglia mattutina: fastidioso ma
efficace. E c’è da comprenderli perché dopo occorre molto tempo e soprattutto
lunghi discorsi di autocompiacimento per farla riaddormentare. Voler piantare
la croce di Dio non sul marmo, tra i fiori e i dipinti, e soprattutto tra gli ori,
ma nelle baracche, tra i cartoni, nella disperazione incolpevole ed anche in quella colpevole scandalizza. Tra i marmi, con un po’ di musichina e l’incenso lo spettacolo è sicuramente più gradevole
rispetto alle piaghe, ma il Signore non ci chiede di scrivere copioni o di organizzare
recite e passerelle. Le bellezze artistiche non si armonizzano con il Vangelo
come le cerimonie sontuose e dalla raffinata coreografia. Il Vangelo vive nella
polvere, è sporco del sangue dei poveri, è bagnato dalle lacrime degli esclusi,
è stonato per le grida dei violentati, è stropicciato perché pure se lo
leggiamo non lo capiamo, è segnato più volte con la matita perché quelle frasi hanno
significati infiniti. Quando lo apriamo ci ripugna a causa della nostra formazione
borghese, elitaria e spudoratamente superficiale. E così deve essere!
Altrimenti stiamo leggendo la sua interpretazione o meglio la sua deformazione.
Il Vangelo non è il manuale di morale del piccolo e triste borghese e neanche
un romanzo. Il Vangelo è una "tragedia": quella dell’uomo che non comprende il
sogno di Dio e per questo si condanna all'infelicità, all'inutilità, al
non-senso, alla violenza.
* “Io marcerò davanti a te; spianerò le
asperità del terreno, spezzerò le porte di bronzo, romperò le spranghe di
ferro. Ti consegnerò tesori nascosti e le ricchezze ben celate, perché tu
sappia che io sono il Signore, Dio di Israele, che ti chiamo per nome”. (Isaia
45, 2-3)