“Il
cammino di perfezione, scritto programmatico della sua Riforma, ha come nerbo
questa liberazione ed è il miglior proclama del vero onore: «perdere mille onori
per voi». L’orgoglio del lignaggio di sangue è sostituito da quello glorioso
della Vergine e dei predecessori nel Carmelo; in cambio del sostegno del denaro
l’onore della povertà; invece di titoli e dei tratti di cortesia i nomi della
professione religiosa…” (3).
Gli attaccamenti scomposti alle cose o
alle creature sottraggono spazio alla presenza di Dio, rappresentano quelle
parti della nostra anima, che rimangono aride perché l’acqua non riesce a
raggiungerle, e oscure perché la luce non riesce a filtrare. Luoghi aridi e bui
che, però, tendiamo a difendere attribuendo ad essi erroneamente un grande
valore. In sostanza li consideriamo proprietà privata inalienabile. L’esodo descritto e auspicato nel Cammino di
Perfezione conduce alla libertà nella doppia accezione: libertà da (da se stessi, dagli altri e dalle cose), libertà per (essere un dono). Solo
l’uomo libero può scegliere responsabilmente rispondendo al progetto di Dio
sulla sua vita. Ciò trova evidente fondamento nella Sacra Scrittura, ad
esempio:
“Una
cosa ti manca ancora: vendi tutto quello che hai, e distribuiscilo ai poveri, e
avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi” (4); “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua
croce e mi segua” (5); “Cristo ci ha
liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù” (6).
Il distacco teresiano, quindi, non
deve essere confuso con l’indifferenza che è una malattia dell’anima, la più
letale. Si tratta, al contrario, di accogliere l’azione dello Spirito dentro di
noi e di accogliere la vita dei fratelli, in particolare di quelli che si
trovano nella sofferenza. Lasciarsi coinvolgere, ma non travolgere: “rallegratevi con quelli che sono nella
gioia, piangete con quelli che sono nel pianto” (7).
“[Teresa]
non si è mai trasformata, per sua e nostra fortuna, in una religiosa fredda e
insensibile davanti alle sofferenze della vita. Se è giunta ad un grado di
interiorizzazione tale da godere la presenza di Dio nel proprio intimo in modo
ininterrotto, possiamo però dire che è vissuta sempre con l’anima a fior di
pelle per percepire –e soffrire!- le spigolosità delle persone e della vita” (8).
La Santa era affabile: su questo
convergono senza esitazioni le varie testimonianze ai processi (9). Nel Cammino
raccomanda esplicitamente tale atteggiamento: “sforziamoci di essere molto affabili e accondiscendenti e di contentare
le persone con cui trattiamo” (10). In una parola la persona distaccata è
necessariamente empatica, non essendo concentrata su se stessa, ascolta la
“voce” di Dio e si pone a fianco di chi ha bisogno. Vive l’intimità a cui Dio
la chiama e, proprio per questo, può cogliere l’invito irresistibile alla
prossimità solidale. Si disinteressa sempre più radicalmente della propria
reputazione -i punti d’onore nel
linguaggio teresiano- (11) comprendendo che la dignità dell’uomo dipende dalla
capacità di donarsi. “Si acquista tanta
libertà da non preoccuparci più del bene o del male che si dica di noi, come se
nemmeno ci riguardasse” (12) . Non ci si realizza difendendosi ma
superandosi, non appagando i bisogni ma andando oltre.
La questione dell’onore, all'epoca,
era particolarmente sentita ed in Spagna in modo del tutto speciale. “Un osservatore dell’autentica realtà
spagnola, lo storico Bennassar, cercando di cogliere le costanti degli spagnoli
del passato, poté stabilire l’assioma che «se ci fu una passione che può
definire da sola il comportamento del popolo spagnolo, questa fu
indubitabilmente l’onore» (13). Questa valutazione evidentemente diventa
necessaria per contestualizzare l’insistenza con cui la Santa affronta
l’argomento. Durezza ed ironia per smontare profeticamente l’ennesimo idolo costruito da mani d’uomo. Il distacco
prima vissuto e poi proposto da Teresa -che sarebbe opportuno tradurre con
linguaggio più moderno in libertà interiore- non può essere valutato secondo le
categorie della mortificazione di tipo penitenziale. Si tratta di una
condizione che non si raggiunge con lo sforzo di volontà, ma è un dono di Dio. È
pura grazia da chiedere e da accogliere. Le imposizioni costruite dalla ragione
hanno vita breve nel migliore dei casi, altrimenti producono degenerazioni
comportamentali. Essere liberi interiormente non significa evitare di guardare
negli occhi gli altri, disconoscere l’affetto naturale per i familiari, o non
usare i beni necessari al servizio. Non ci sono tagli da fare, ma
trasformazioni. C’è una richiesta di intimità da parte di Dio a cui occorre
rispondere. L’anima viene condotta nel deserto per imparare ad amare come Dio
ama -cioè con totale donazione di sé ed in modo universale- non certo per imparare a dis-umanizzarsi.
Si diceva sopra: l’indifferenza non è
una vocazione ma una malattia. In tale prospettiva, la citazione di Teresa da
applicare al distacco che convince di più è questa: “Vi chiedo solo che guardiate [il Signore]” (14). Ci viene chiesto di
lasciarci liberare interrompendo l’inutile avvitamento su noi stessi. Ci
dobbiamo convincere che il nostro “io”
ha il respiro corto come tutto ciò che è finito e limitato. Chiuso nei suoi
bisogni e nelle sue pretese, attaccato al tempo ed allo spazio. Se comprendiamo
in profondità che l’unica relazione essenziale, costitutiva è quella con il
Signore non solo diventeremo liberi, ma vorremo esserlo con tutte le nostre
forze per collaborare alla sua iniziativa di salvezza.
(1) “Mi fermerò a parlarvi di tre cose, ricavate dalle nostre stesse
Costituzioni: intendere quanto importi osservarle, giova molto per godere di
quella pace interna ed esterna che il Signore ci ha tanto raccomandato. La
prima è l'amore che dobbiamo portarci vicendevolmente; la seconda il distacco
dalle creature; la terza la vera umiltà, la quale, benché posta per ultimo, è
prima ed abbraccia le altre” (Cammino
di Perfezione 4, 4)
(2)Voce
“Distacco” in Dizionario Enciclopedico di Spiritualità, 1, a cura di E. Ancilli
e del Pontificio Istituto di Spiritualità del Teresianum, Città Nuova Editrice,
Roma, 1990, pag. 815
(3) Introduzione alla lettura di Santa Teresa di Gesù, a cura
di Alberto Barrientos, OCD, 2004, pag. 68
(4)
Vangelo di Luca 18,22
(5) Vangelo di Matteo 16,24
(6) Galati 5,1
(7) Romani 12,15
(8)
Maximiliano Herráiz, Dio solo basta, OCD, Roma Morena, 2003, pag. 372
(9) J. Castellano, Spunti di dottrina
teresiana, Edizioni Domenicane Italiane, Napoli 1970, pag. 39
(10)
Cammino di Perfezione 41,7
(11) Ad esempio in Cammino di Perfezione
12, 7: “Dio ci liberi da chi pretende
servirlo e coltivare insieme il proprio onore”
(12)
Cammino di Perfezione 15,7
(13) Introduzione alla lettura, op
cit, pag. 61
(14) Cammino di Perfezione 26,3