Introduzione (a cura dell'autore del sito). Questa indegna civiltà ha trasformato
il dramma dei poveri da umanitario ad estetico. Il nuovo hobby dei benpensanti, che fanno parte di quel 20%
che accumula con il sangue degli altri, è scattare fotografie ai disperati stesi
sui cartoni. Poi, tutti felici, pubblicano la preziosa documentazione sui loro profili
social tra le foto del cibo e delle
vacanzette. I più agguerriti la inviano alle redazioni dei principali quotidiani.
I novelli giornalisti vogliono, in
questo modo, denunciare il degrado
urbano mica l’indifferenza dei governanti, a volte della Chiesa, della gente comune. D'altronde
i poveri rovinano il panorama, o meglio i selfie.
Limitano la libertà di fotografare o di ammirare un monumento, un vicolo, una
piazza. Gravissimo! Dovrebbe costituire reato in una società squallidamente
borghese come la nostra. Quelle persone disturbano il momento di relax dei
signori e interrompono la realtà virtuale che la loro mente sofisticata, addomesticando
la coscienza, riesce a costruire. I poveri ricordano cose spiacevoli: tipo gli
effetti delle loro politiche, delle scelte produttive e sociali. Possono anche
continuare ad esistere ma si dovrebbero nascondere. Come i cassonetti della
spazzatura: servono ma urtano la vista. I poveri ostacolano il diritto dei
ricchi ad essere oppressori spensierati. E questo non è tollerabile.
Testo del card. Francesco Montenegro:
"Il nostro è un Dio inquietante e scomodo,
perché è tra noi e con noi. Ha la faccia da uomo. Ha fame, ha sete, è solo, è
senza vestiti, è malato. Ce lo possiamo trovare tra i piedi. Parla con la
samaritana, con l’adultera, non si vergogna di andare da Zaccheo, prepara la
festa per il figlio mascalzone, rivaluta i rottami della società. E’ il Dio che
sta dalla nostra parte. Anzi "quando lo cerchiamo nel tempio, Lui si trova
nella stalla; quando lo cerchiamo tra i sacerdoti, si trova in mezzo ai
peccatori; quando lo cerchiamo libero, è prigioniero; quando lo cerchiamo
rivestito di gloria, è sulla croce ricoperto di sangue" (Frei Betto).
(Dalla Prolusione del card. FrancescoMontenegro, al 38° Convegno nazionale
delle Caritas diocesane, Sacrofano (Rm), 18 aprile 2016).