Di
prima mattina la civiltà occidentale scatta al semaforo per precedere l’altro. Sulle
strade non circolano esseri umani ma piloti di Formula Uno alla ricerca di
record personali. C’è una gara da vincere e un piedistallo da conquistare. Il
capoufficio aspetta, si deve far di tutto per entrare nelle sue simpatie magari
svelando le negligenze vere o presunte del collega. Che poi è lo stesso con il
quale a pranzo si critica (rigorosamente alle spalle) proprio il capoufficio. L’uomo
evoluto crede che la dignità si trovi nella conquista. La luna, la terra, le
risorse e il destino altrui. È sufficiente non guardare i morti che si lasciano
per strada. Occorre scalare e se necessario calpestare. I complimenti e i
riconoscimenti cancellano eventuali rimorsi ma ancora più efficaci sono le
paroline magiche: funziona così. Cinismo?
Funziona così. Prevaricazione? Funziona così. L’uomo occidentale tiene famiglia e soprattutto deve pagare
le rate della macchina. Lo trovi perennemente davanti allo specchio mentre
incensa il suo “io”, corruttibile e
senza respiro. In Occidente l’altro è una cosa tra le cose, senza storia, volto
e voce. Facilmente sostituibile perché considerato solo nel suo ruolo e non
nella sua esistenza. Ma se non si riconosce l’altro non si riconosce neanche
Dio. Infatti a preoccupare prima dell’affermazione delle radici cristiane dell’Europa
dovrebbero essere i frutti contraddittori e decisamente antievangelici. La cultura, la prassi e la società occidentale risultano, ad oggi, le più ostili all'azione
della grazia.
Teologia dei poveri.