L’anima
si lascia sedurre dagli idoli, perché cerca sicurezze, non sopporta l’angoscia
della dei mutamenti a cui è esposta. L’anima si scopre inconsistente. Così
preferisce i punti fermi visibili anche se solo apparenti e illusori rispetto a
quelli risolutivi ma invisibili. Non si fida di un amore appena percepibile e
perennemente da dissotterrare, continuamente contraddetto, falsificato, dileggiato.
L’anima è in cerca di consensi perché preferisce indossare una maschera
piuttosto che cercare la verità in solitudine. È disponibile all'alleanza con
Dio ma solo in vista di benefici materiali o spirituali. È a suo agio tra la
folla che attende un miracolo o un intervento di tipo magico di distruzione del
male. Non sopporta la sofferenza del giusto che si attendeva invece forte e conquistatore.
Solo il vincente è utile alla causa personale, ma cosa farsene di un salvatore che non salva nemmeno
se stesso? Quali vantaggi ottenere da uno che soffre e fa quella fine? Meglio
aggrapparsi alle soddisfazioni che offre il mondo. L’anima è infedele perché
non sa discernere ma non lo ammette. Non si confronta con l’Unico che conosce
davvero non solo il Bene in generale ma quello specifico per ogni persona.
L’anima cerca scorciatoie: si impone obblighi per rispettare l’immagine non
autentica che si è costruita, invece di operare scelte nel profondo secondo
l’immagine di somiglianza impressa da Dio. L’anima chiusa alla conoscenza di
Dio si aspetta castighi per le sue infedeltà. E si ritrae sempre di più. Se si
lasciasse rassicurare scoprirebbe che i contraenti
dell’alleanza sono due ma il garante è uno solo: Dio. O meglio scoprirebbe che
gli sposi sono due ma uno solo è fedele: Dio(1). Se ascoltasse la sua voce
comprenderebbe che Dio non ha scritto nessun codice penale e che alle sue
cadute Lui risponde con l’Amore che eccede e che anticipa il pentimento.
L’assurdo di Dio che sfugge all'anima è questo: la convinzione che sia proprio il
suo perdono a farci convertire, a indurci a tornare e ad avere
fiducia(2).
(1) “Ti
farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella
benevolenza e nell'amore, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il
Signore”.
(Osea
2, 21-22)
“Il
mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in alto nessuno sa
sollevare lo sguardo. Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad
altri, Israele? Come potrei trattarti al pari di Admà, ridurti allo stato di Seboìm?
Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non
darò sfogo all'ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Efraim, perché
sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò nella mia ira. Seguiranno
il Signore ed egli ruggirà come un leone: quando ruggirà, accorreranno i suoi
figli dall'occidente, accorreranno come uccelli dall'Egitto, come colombe
dall'Assiria e li farò abitare nelle loro case. Oracolo del Signore”.
(Osea
11, 7-11)
(2)“Il messaggio di Osea ha qualcosa di
sconcertante. La nostra logica religiosa segue il passaggio
peccato-conversione-perdono. La grande novità di Osea, che lo situa su un piano
diverso e lo fa un precursore del Nuovo Testamento, è che egli inverte
l’ordine: il perdono precede la conversione. Dio perdona prima che il popolo si
converta, e sebbene non si sia convertito”.
(Luis
Alonso Schökel, I profeti, traduzione e commento di L. Alonso Schokel e J. L.
Sicre Diaz, ed. italiana a cura di Gianfranco Ravasi, Borla, Roma 1984, p. 976).