L’esistenza
è il miracolo, l’uscita dal nulla l’evento. Abbiamo un sigillo di somiglianza,
una vocazione che ci riempie, non funzioni da svolgere o budget da raggiungere. Siamo associati all'inaudito della creazione, in vista di una comunione gioiosa,
sorprendente e da scegliere liberamente. Le selezioni di Dio sono svolte al
contrario: lui opta per quelli che gli altri scartano. Lui affida la ditta a chi ha fallito secondo le leggi
del mondo, alle vittime delle logiche del mercato, agli inutili. Per
comprendere le sue strategie (core
business) occorre frequentare gli abissi esistenziali e materiali
dell’umanità, non le eccellenze. Infatti
Dio cerca autenticità e confidenza e, per restituire dignità a chi ne è stato
privato, capovolge i parametri del giudizio, scegliendo ciò che è stolto per confondere i sapienti, ciò che è debole
per confondere i forti, ciò che è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per
ridurre a nulla le cose che sono (1). Non ricompensa né secondo i meriti,
né secondo l’impegno profuso, anzi non ricompensa proprio perché considera
tutti suoi figli. Nessuna contabilità, nessun rapporto dare/avere, ma una
relazione in cui si impara prima a ricevere (da Lui) e poi a restituire (ai
fratelli). Non si tratta di inserire i poveri e gli esclusi nel processo
produttivo, aumentando semplicemente il numero degli alienati, ma di convertire
evangelicamente (e costituzionalmente) il processo produttivo, rimettendolo al
posto naturale di strumento e non di fine. Occorre, inoltre, prendere atto dell’immoralità dell’organizzazione gerarchica del lavoro, predisponendo meccanismi orizzontali di
partecipazione alle decisioni, e altresì riscontrare il fallimento della rigida
divisione delle mansioni, promuovendo il contributo creativo dei singoli. Solo
così avremo la possibilità di una vera pace sociale perché fondata sulla
giustizia (ossia sul riconoscimento della dignità dell’altro) e non sulla
capacità di una classe di annientare, attraverso la violenza, la manipolazione
o l’uso spregiudicato del potere, la forza di reazione dell’altra.
(1)
Lettera ai Corinzi 1, 27-28
Testo
di Don Lorenzo Milani
«Il progetto che sento ventilare è quello di
un grandioso sistema di borse di studio ai più dotati. Nessuno che abbia a
cuore il progresso tecnico potrà obbiettarvi qualcosa: il progresso tecnico
esige specialisti e esige che sian dotati perché il denaro pubblico sia speso
nel modo più efficace. Ecco la parola che infirma per noi cristiani tutto il
progetto e ne mostra l’intento terreno e irreligioso. Si cerca l’efficacia
prima che la giustizia. Il progresso della scienza e il benessere di tutti
prima di aver assicurato a ogni singolo la dignità di uomo. E domani, quando
avranno strappato dalla classe dei poveri alcune decine di migliaia di
individui scelti tra i migliori e li avranno trapiantati nell'orto chiuso del
privilegio per arricchirlo ancora di nuovi fiori, impoverendo ulteriormente con
quest’atto stesso la classe dei tagliati fuori, cioè scavando ancora più a
fondo e più largo il fossato del dislivello culturale, quel giorno diranno che
la D.C. ha fatto un’opera d’alto significato sociale. Ma noi preti non possiamo
ragionare così (e neanche lo dovrebbe fare un partito che si fregia del nome
del cristiano). Queste son cose da lasciarsi fare ai nazisti, ai sovietici,
agli americani, a tutti quelli che vivono per l’efficacia e che nell'efficacia
dei loro atti pongono l’unica ragione di vita. Non noi che abbiamo per unica
ragione di vita quella di contentare il Signore e di mostrargli d’aver capito
che ogni anima è un universo di dignità infinita».
(Don
Lorenzo Milani, in Gli allievi di san donato con la collaborazione di don Sandro
Lagomarsini, Un libro inopportuno, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2008,
p. 71)