
«Hai visto molte cose, ma senza farvi
attenzione, hai aperto gli orecchi, ma senza sentire» (Isaia 42, 20)
Mettiamoci
nei panni dei poveri, comprendiamo l’assenza di opportunità e la violenza di un’economia
fondata sulla funzionalità, un’economia che assorbe uomini e restituisce mansioni,
un’economia che non riconosce persone ma solo ruoli. Spogliamoci dei privilegi
derivanti dalla condizione sociale, rifiutiamo le dinamiche di asservimento che
contraddicono, totalmente, la natura gratuita del nostro essere. Rifiutiamo il servizio
all'iniquità e non contribuiamo alla ferocia della reiterazione. Le strutture
che producono oppressione (c.d. strutture di peccato) non nascono dal caso e
non sono fenomeni naturali, ma camminano sulle gambe di chi sceglie la
disumanizzazione e funzionano con le braccia di chi sceglie lo sfruttamento.
Condividiamo
il rifiuto che subiscono i poveri e la negazione di un riscatto. Mettiamoci nella
condizioni di comprendere la violenza dei “ti
faremo sapere”, “ripassa domani”,
“torna a casa tua”. Camminiamo con
loro per trovare due spiccioli, fatichiamo con loro per una burocrazia
fantozziana, proviamo con loro la tristezza di una mensa. Lottiamo non solo per
loro ma con loro. Uniamo la nostra voce alla loro e diventiamo la voce di chi è
stato ammutolito.
Vieni, mettiamoci tra i poveri: non ritroveremo solo Dio ma anche la nostra umanità.