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Ho
sognato un uomo. Mi ha detto di chiamarsi «Abbà» (1), ma che tutti lo conoscevano
con il nome di «Dio». Aveva la barba, ma non come quella lunga, bianca e
cotonata raffigurata da Michelangelo, nel costosissimo capolavoro della Cappella dei
Turisti o Sistina. Era una barba di pochi giorni, che non aveva potuto tagliare
perché alla Caritas erano finite le lamette usa e getta. Dio aveva l’aria
stanca. Ricordo di aver pensato: «quest’uomo
deve aver vissuto recentemente un dolore acuto. Tipo un lutto». Ed infatti
aveva da poco perso suo figlio: tradito, calunniato ed ucciso da uno dei tanti
regimi della storia che hanno oppresso con il consenso diretto del popolo o grazie alla sua ignavia. Mentre me lo raccontava, mi ha abbracciato ed è scoppiato a
piangere. Ho pianto con lui, e l’ho consolato. Dio si sentiva disperato perché
non era riuscito a salvare suo figlio, nonostante tutti i tentativi di far
comprendere la sua innocenza. La cosa che lo aveva ferito maggiormente era stato
il rifiuto della sua diversa visione delle relazioni spirituali ed umane. Un
rifiuto non motivato, se non dalla paura di perdere porzioni di potere. Tutto
qui: un cieco rancore per una parola diversa, per un’alternativa che restituiva
dignità ai calpestati. «Ti rendi conto?
Mio figlio non aveva armi. Hanno ucciso una parola, una speranza in una vita
diversa. Hanno preferito l’abisso dell’ingiustizia agli orizzonti infiniti
dell’amore e della gratuità». Dio mi ha parlato di alcuni compagni che,
dopo molte titubanze e ripensamenti, avevano deciso di portare avanti la causa di
suo figlio. Questo lo rincuorava un po’. C’erano, è vero, altri che usavano il
suo nome: ossequi pubblici il giorno, trame oscure con i suoi persecutori la
notte. Dio ne era a conoscenza e cercava di tenersi a distanza da loro. Mentre
mi raccontava queste cose ho potuto vedere la baracca in cui era dovuto andare
a vivere dopo la morte del figlio. I vicini che lo incontravano dicevano sorridendo:
«ciao Dio, bentornato!». E rimanevo
sorpreso perché durante il tragitto che avevamo fatto dal centro della città
alla periferia nessuno aveva risposto al suo saluto. «Non mi ha riconosciuto», «Si
vede che era distratto», commentava lui per giustificarli. Ma, entrati
nella baracca, ho visto Dio farsi serio in volto e, poi, fissando i miei occhi chiedermi:
«Tu mi aiuteresti a proseguire la causa
di mio figlio?». Dopo alcuni secondi di sorpresa in cui continuavamo a
guardarci, ho sentito di rispondere: «Ma, in pratica, in cosa consisterebbe questa missione?». E lui con tenerezza: «Cambiare il giudizio del mondo». Quando
stavo per replicare mi sono svegliato.
(1)
Vangelo Marco 14,36