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Ferite rimarginate

«Egli scruta l’abisso e il cuore e penetra tutti i loro segreti» (Siracide 42,18)

Camminiamo, ci muoviamo, respiriamo ancora ma siamo già morti svariate volte. Nell'amico/a che abbiamo dovuto salutare per l’ultima volta, nella giustizia che non abbiamo visto, nella denuncia profetica che non abbiamo udito. Ci ritroviamo lo sfruttatore ostentare la sua vittoria di plastica (ma non senza conseguenze), e il povero soffrire la derisione per l’irrimediabilità della sua sconfitta terrena. Sperimentiamo la nostra debolezza, ma nella società infettata dalla competitività non osiamo confessarlo, ci sentiamo travolti dal flusso frenetico ed inarrestabile delle faccende quotidiane, ma non sappiamo reagire, fuggiamo dal vuoto, ma senza risultato perché il vuoto è dentro di noi. Cosa fare allora? Sarebbe utile rivolgersi alla scienza, qualcuno risponde. Sicuramente è importante conoscere i meccanismi psicologici individuali e le dinamiche sociologiche collettive per affrontare positivamente l’esistenza. Ma non è sufficiente. Ci sono dei traumi che rimangono insuperabili nonostante l’utilizzo delle migliori competenze umane. Ci sono dei disagi che rimangono irrisolvibili nonostante l’aiuto delle migliori discipline umane. Infatti le ferite sono così profonde che possono essere raggiunte e guarite solo dalla grazia di Dio. E la porta di accesso è l’orazione [preghiera silenziosa], scrive Santa Teresa d’Avila (1). La grazia va accolta. Non si tratta tanto di una richiesta, ma di un semplice consenso. Il trauma non viene eliminato, non assistiamo, cioè, ad un’opera di rimozione ma ad una metamorfosi. Vengono spezzati gli automatismi comportamentali conseguenza di quelle ferite, ci riscopriamo liberi, non più così emotivamente inconsistenti e ripiegati sulla difensiva. Liberati interiormente -liberati cioè dalla lettura schiavizzante dell’evento accaduto- alziamo lo sguardo e con il suo continuo aiuto ci accorgiamo finalmente di avere dei fratelli e delle sorelle.

« Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne? Allora la tua luce sorgerà come l'aurora, la tua ferita si rimarginerà presto»  (Isaia 58, 6-8).

Insieme alla preghiera l’altro luogo di guarigione stabilito da Dio è la relazione con i poveri. (Su questo abbiamo scritto qui).

(1) «La porta per cui mi vennero tante grazie fu soltanto l’orazione: essa chiusa, non saprei in che altro modo poterle avere. Se Dio vuole entrare in un’anima per prendervi le sue delizie e ricolmarla di beni, non ha altra via che questa…» (Santa Teresa d’Avila, Vita 8,9 in Opere, traduzione di P. Egidio di Gesù, OCD, Roma Morena, 2005, p.98). «L’orazione mentale non è altro, per me, che un intimo rapporto di amicizia, un frequente trattenimento da solo a solo con Colui da cui sappiamo d’essere amati» (Santa Teresa d’Avila, Vita 8,5 in Opere, traduzione di P. Egidio di Gesù, OCD, Roma Morena, 2005, p.95)