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Primo giorno di scuola

Il maestro scende dalla cattedra, toglie la pedana e si siede tra i ragazzi. Rinuncia al regime dell’unilateralità, sa che anche le parole migliori hanno bisogno di essere accolte. Prende il programma formativo elaborato dalle apposite commissioni nazionali, europee e mondiali, quelle composte dai migliori esperti in campo didattico, scientifico, storico, umanistico, politico, geografico, musicale, sportivo, linguistico, tecnico, artistico, religioso e, davanti ai ragazzi, lo straccia, senza indugio. «Non è un gesto di protesta! È una liturgia di liberazione per ritrovare il senso delle cose. Non voglio essere responsabile della vostra alienazione. Il programma lo scriveremo insieme, dopo esserci conosciuti». Il maestro, alzandosi, guarda negli occhi i ragazzi uno ad uno. Si presenta parlando soprattutto delle proprie aspirazioni e dei propri disagi, poi brevemente delle competenze acquisite. Precisa che il suo CV viene aggiornato dopo ogni incontro, ogni condivisione esistenziale donata/ricevuta e dopo ogni esperienza vissuta, scrutata ed infine accettata. Fa uscire i ragazzi e li porta nel prato davanti alla scuola. Chiede che tutti si accertino del verificarsi del miracolo quotidiano: il sorgere del sole. Propone di esprimere un pensiero di gratitudine e di prendere coscienza che l’attimo che si sta vivendo è inafferrabile e perciò sacro, da non disperdere. Non è tempo da superare o da riempire, ma da costruire in profondità, con il contributo personale e senza deleghe. Indica un albero, che ha preparato già la sua ombra, come luogo del ri-conoscimento. Ascolta ognuno, con attenzione, coinvolto e partecipante. Senza formalità o peggio superficialità. Il ruolo (che non è mai esistito) comunque si inverte: il maestro apprende nuove prospettive. È più avanti nel cammino rispetto agli studenti, ma alcuni dettagli o aspetti importanti si accorge di averli tralasciati o valutati erroneamente. Adesso grazie alle loro considerazioni può recuperare e procedere con maggiore consapevolezza. «Qual è l’obiettivo di tutto questo?» chiede il più coraggioso. Il maestro, dopo qualche secondo interminabile, risponde: «Che voi riusciate ad immaginare senza il mio aiuto». La campanella suona: finisce l’ora. Prosegue, invece, la ricerca della propria autenticità

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