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Iqbal Masih aveva 12 anni

La corsa di un ragazzo come segno di lotta contro l'oppressione sul lavoro.

Immaginare.

Quando ho bisogno di disintossicarmi dai veleni di un’economia demoniaca e supinamente accettata, di ritrovare coraggio e un po’ di umanità, rileggo la storia di Iqbal e guardo la sua foto. Questo nostro piccolo fratello dovrebbe aprire il percorso formativo nelle scuole di ogni ordine e grado, prima, e a volte al posto, di nozioni piene di polvere. Della storia di Iqbal se ne dovrebbe parlare nei corsi del c.d. catechismo, per preparare al meglio i ragazzi all'azione profetica e alla comprensione dono di sé (a cui l’Eucaristia invita e sprona). Bisognerebbe attaccare il suo poster nella stanza dei nostri figli, rifiutando quello dei burattini del Sistema. Iqbal ha conosciuto fin da bambino l’inaudita violenza del circolo vizioso: povertà-corruzione-criminalità. Vessazioni, percosse e un destino di simbiosi con un telaio per tappeti. Tutto questo per ingrassare i commercianti di vite umane e migliorare l’estetica di qualche pavimento. 

Non adeguarsi.

Iqbal non si è adattato, ma ha interrotto, respingendo gli accomodamenti, le suggestioni di sopportabilità insinuate dai garanti dell’oppressione. Ha seguito la voce della dignità, non quella disumanizzante del Capitale. Non ha reiterato, facendo emergere il possibile, il mutamento, sul già detto/fatto/ascoltato. Si è percepito come soggetto di trasformazione della storia, scoprendo in se stesso, e mettendo in moto, l’insopprimibile vocazione alla libertà. Questo l’insegnamento che ci ha lasciato e che non vogliamo dimenticare: meglio lottare e rischiare che compromettersi diventando immagine e somiglianza del dio Profitto.
Iqbal aveva 4 anni quando comincia a lavorare, 5 anni quando viene venduto dal padre ad un fabbricante di tappeti per pagare un debito, 9 anni quando inizia a ribellarsi, 12 anni quando viene assassinato mentre andava in bicicletta. Era il 16 aprile 1995, domenica di Pasqua, e non poteva essere altrimenti.

Commenti

  1. sì meglio morire. sì Pasqua, non poteva essere altrimenti

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